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La città personale

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La città personale

2013

durata  10' 

Video installazione

 

Un percorso tra immagini oniriche che emergono in un paese abbandonato, una riflessione sul divenire delle cose, accompagnata dalle parole di Buzzati, la descrizione di una città abbandonata, la nostalgia, il silenzio.

Un luogo, anzitutto fisico e geografico: l’Arneo in Salento dalla luminosità mediterranea in cui scintillano i ricordi e un luogo che è anche una dimensione dello spirito, doloroso e straniante, da cui irrompono domande senza risposte.

Cosa ci mormora questa città deserta? Cosa è che abbiamo abbandonato?

Sembra il set di un film western, dove si attende l’ultimo scontro, ma chi doveva scontrarsi con chi?

Ce ne siamo dimenticati, sembra non essere più rilevante…

Abbiamo svuotato la città ideale e con essa sono svaniti gli ideali da difendere,  i buoni e i cattivi…spariti tutti!

Ci sono ancora i cartelli stradali che ci conducono qui, ma a cosa ci portano?

A un vuoto, a uno spaesamento, a un’utopia disabitata.

“L'utopia non fa se non rendere concreto e plastico, l'anelito antichissimo e diffuso a una vita migliore” scrive Savinio.

 

In Puglia la riforma agraria non trovò una sua diretta applicazione, visto che quando stava per essere approvata definitivamente, la legge Stralcio non menzionava nessuna località della Puglia e specie del Salento. Fu allora che nella provincia di Lecce nacque una mobilitazione popolare e politica per l'allargamento della legge anche al territorio di Arneo di proprietà di alcuni latifondisti come il Barone Tamborino. Queste agitazioni popolari si ricordano come l'occupazione dell'Arneo che fra il 1947 e il 1951 toccarono il loro apice. Alla fine anche il Salento e la Puglia rientrarono nel progetto politico della legge Segni.

 

Monteruga fu un’azienda agricola di grosse proporzioni con scuola, chiesa, caserma, dopolavoro.

Negli anni 50, gli anni del boom economico, nel villaggio vive una comunità di 800 persone.

Poi gli agricoltori lasciano i campi per le città, e la natura si riprende i suoi spazi.

Tutto si disfa e viene abbandonato,  l’utopia che fu la riforma agraria si rompe, cadono a pezzi l’ architettura di questi luoghi desolati e disabitati..

Come in un gioco l’artista e la figlia Anita, riabitano gli spazi per raccontarli e farli rivivere con il loro passaggio.

Un gioco che portando qui la vita vuole  mettere un piccolo seme per una nuova crescita.

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