Riparo
RIPARO
2019
con testi di Silvia Litardi e Giulia Anita Bari e storie raccolte da Marco Stefanelli
presso la Fondazione Pastificio Cerere
L’artista intende indagare il concetto di riparo come spazio pre-architettonico, la forma più embrionale di protezione dell’uomo. In questo senso il tappeto – tema centrale dell’esposizione – risponde alla primitiva esigenza dell’uomo di riscaldarsi, di proteggersi, di riposare, di avvolgere i defunti o di contenere i beni durante gli spostamenti; ma soprattutto è un perimetro sacro, uno spazio protetto contro la precarietà e l’ignoto. Il tappeto è la casa di chi non ha dimora: ha attraversato millenni e abbracciato numerose popolazioni, partendo dalle tribù nomadi e arrivando fino ai giorni nostri.
Inoltre, sarà presentato il film cortometraggio La città e il cielo in cui viene raccontata la storia di un gruppo di uomini e donne di diversa età e origine geografica che si ritrovano tra le rovine di un borgo abbandonato, nell’Aspromonte in Calabria, e tentano di “fare casa”, riparare e ritessere un senso di comunità.
La mostra si apre con l'istallazione nel cortile del Pastificio Cerere, risultato del workshop di auto-narrazione e sperimentazione sonora promosso dall’associazione La Frangia e tenuto dall'artista in collaborazione con Marco Stefanelli, Giulia Anita Bari e Ginevra Sammartino. Sono stati coinvolti gli studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale “Piaget - Diaz” di Roma e giovani donne e uomini di varia nazionalità grazie alla collaborazione con InMigrazione, Ali e Civico Zero. Partendo dal tema del tappeto e dai simboli in esso contenuti, i partecipanti hanno riflettuto sul concetto di “casa” nelle sue molteplici accezioni attraverso la creazione di manufatti in argilla e la produzione di narrazioni audio che, annodate insieme, comporranno un tappeto sonoro.
Seguono la video-installazione Sekine proiettata in una valigia riempita di sale e un'opera site-specific di tappeti realizzati con spezie colorate e profumate che rievocano culture e tradizioni diverse. Inoltre, sarà presentato il cortometraggio La città e il cielo in cui viene raccontata la storia di un gruppo di uomini e donne di diversa età e origine geografica che si ritrovano tra le rovine di un borgo abbandonato, nell’Aspromonte calabro, e tentano di “fare casa”, riparare e ritessere un senso di comunità. Il video prende forza e ispirazione dalla lettura dei testi di antropologi e scrittori come Vito Teti e Franco Arminio che raccontano i luoghi abbandonati come spazi non meramente geografici ma luoghi di una “poetica del margine”. Il lavoro nasce inoltre dall’incontro dell'artista con alcuni operatori di Medici per i Diritti Umani attivi in Calabria e Basilicata in un progetto contro lo sfruttamento dei braccianti stranieri in agricoltura.
Questa umanità coraggiosa, in movimento tra la polvere delle baracche, incontra la poetica di Guendalina Salini: l'artista ripopola i vuoti che – prima di tutto – sono interiori ed è proprio dall’interiorità che qualcosa di nuovo può rigenerarsi. Il sale con cui l’artista disegna un tappeto diviene così elemento simbolico di una rievocata spiritualità per immaginare insieme un senso nuovo di comunità e appartenenza anche quando non si ha più un riparo.